Texas, fine marzo 2024. Il lavoratore di una fattoria nota un’improvvisa irritazione all’occhio destro: arrossamento, lacrimazione e una misteriosa emorragia sottocongiuntivale. Non ci sono febbre, tosse o difficoltà respiratorie. Alla visita medica riferisce di essere stato in contatto con vacche da latte infette dal virus H5N1 dell’influenza aviaria. Il tampone conferma la positività.1
Per le informazioni conosciute, le probabilità di morire sono pari a quelle di ottenere testa con il lancio di una monetina. A lui va bene, ma ad alcuni suoi colleghi no.
Questo particolare sottotipo di virus circola da almeno 28 anni, ma negli ultimi tre ha visto un’esplosione di contagi, coinvolgendo uccelli e alcuni mammiferi in tutto il mondo. Ora sta colpendo anche Bos taurus, una delle specie a cui siamo più legati. Questo ha portato, negli ultimi mesi, a una crescente attenzione negli Stati Uniti verso gli allevamenti di vacche da latte, poiché il virus si sta diffondendo anche tra questi animali.
La situazione attuale negli USA
All’ultimo aggiornamento dell’articolo (23/10/2024), negli Stati Uniti, ci sono stati 334 casi confermati di contagio tra le vacche dal marzo 2024, di cui 102 solo negli ultimi 30 giorni.2
E 27 casi umani registrati nello stesso periodo, 17 dei quali dovuti ai bovini.3
Questa situazione, insieme a tanti altri casi simili, ha riacceso le preoccupazioni riguardo alla possibilità che l’influenza aviaria possa essere la prossima pandemia.
In questo articolo esploreremo cos’è l’influenza aviaria, perché suscita preoccupazione e quanto è probabile che diventi la prossima pandemia. Vedremo anche cosa possiamo fare per evitare che ciò accada.
Cos’è l’influenza aviaria?
L’influenza è un gruppo di virus, diviso in quattro specie principali (A, B, C e D) e possiedono un tratto particolare: il loro genoma è segmentato. Questo significa che il materiale genetico del virus non è un’unica catena continua o in una coppia appaiata, come nella maggior parte dei virus, ma piuttosto composto da più segmenti indipendenti di RNA.
I virus dell’influenza A e B, per esempio, hanno otto segmenti, mentre C e D ne hanno sette.4 Questa caratteristica li rende particolarmente inclini al rimescolamento genetico, specialmente durante le coinfezioni con altri virus influenzali (cioè quando due virus diversi iniziano a replicarsi dentro allo stesso ospite). Questo meccanismo, sotto certi aspetti, ha analogie col rimescolamento del DNA che operiamo noi eucarioti e che chiamiamo sesso.5
I virus dell’influenza A e B sono la causa principale delle epidemie stagionali negli esseri umani. Tuttavia, solo i virus dell’influenza A sono noti per causare pandemie.6
Infatti, abbiamo già avuto diverse pandemie influenzali. In epoca moderna, “L’influenza Spagnola” del 1918, causata da un virus H1N1, ha provocato circa 50 milioni di morti in tutto il mondo.7 Le successive pandemie del 1957 (H2N2), 1968 (H3N2) e 2009 (H1N1) hanno avuto un impatto meno devastante, ma ognuna di queste è stata causata da eventi di riassortimento genetico che hanno coinvolto virus influenzali aviari.
Ma cosa indicano queste sigle?
Il genoma del virus influenza codifica per una dozzina di proteine diverse, tra cui quelle che costituiscono il “capside” (il termine tecnico che si riferisce all’involucro proteico) del virus e altre che ne facilitano la duplicazione all’interno della cellula ospite.
Le sigle H e N si riferiscono proprio a due delle proteine principali del virus dell’influenza A, queste infatti sono l’emagglutinina (H) e la neuraminidasi (N), che si trovano sulla superficie del virus. Sono paragonabili alla famosa proteina spike di SARS-CoV-2. Queste sono infatti fondamentali per l’infezione e l’eventuale risposta immunitaria.
Ad oggi sono state identificate 18 varianti di H e 11 di N, ma la propensione del virus al rimescolamento suggerisce che potrebbero essercene molte di più.
Solitamente, le influenze pandemiche vengono nominate in base all’ospite di origine, il che porta a designazioni come “virus dell’influenza aviaria” o “virus dell’influenza suina”.6
Perché è una minaccia?
Ci sono tre ragioni principali per cui l’influenza aviaria suscita tanta preoccupazione: il danno agli allevamenti, l’impatto sugli uccelli selvatici e il rischio di una nuova pandemia umana.
Nonostante i collegamenti tra questi problemi, esistono grandi distinzioni tra i livelli di patogenicità del virus nelle diverse specie. Ad esempio, non è detto che il livello di patogenicità nei volatili sia lo stesso negli esseri umani, e spesso, anche tra gli uccelli, l’impatto varia notevolmente. Anatre e altri anatidi, ad esempio, sono generalmente poco colpiti e fungono spesso da portatori sani della malattia.
Quando i ricercatori dividono i sottotipi in alta patogenicità (HP) o bassa patogenicità (LP), lo fanno solitamente in base al danno osservato su polli e galline.8 Nei casi di bassa patogenicità, i sintomi nelle galline e negli altri polli sono spesso assenti o limitati a manifestazioni lievi, come piumaggio arruffato e diminuzione della produzione di uova. Nei casi di alta patogenicità, invece, la mortalità può raggiungere il 90-100%, spesso entro 48 ore dall’infezione.
Tuttavia, questa classificazione non correla con la severità dei sintomi negli esseri umani: sia l’influenza aviaria a bassa che ad alta patogenicità si sono presentate sia forme lievi che severe nell’uomo.9
Le infezioni negli allevamenti avicoli possono ritornare sugli uccelli selvatici, favorendo un’ulteriore diffusione geografica del virus attraverso la migrazione.
Per quello che sappiamo, sono cinque i sottotipi di influenza aviaria che possono infettare l’uomo: H5, H6, H7, H9, H10. Tra questi, l’H5N1 è ritenuto il più patogenetico, con un’alta mortalità sia tra gli uccelli che tra gli esseri umani.10 E, insieme a H7N9, è anche quello che ha causato la maggior parte delle infezioni registrate tra gli esseri umani.10
Da quant’è che circola H5N1?
Fu scoperto nelle oche selvatiche nel 1996 e da allora continua a circolare tra gli uccelli. Dall’ottobre del 2021, c’è stata un’esplosione di casi in tutto il mondo: si stima che negli ultimi tre anni siano morti più 280 milioni di uccelli11, direttamente a causa del virus o indirettamente per gli abbattimenti preventivi, che sono anche considerati uno dei metodi più efficaci per contenere il contagio.
Fanno parte di questa epidemia anche alcuni casi di infezioni avvenute in Italia e in Europa: lo scorso anno, ad esempio, una moria di gabbiani si è verificata intorno al lago di Garda. Nel 2022, la popolazione di pellicani dalmati, che è presente tra la Grecia e i Balcani, è stata gravemente colpita.12
Gli uccelli possono infettare dei mammiferi terrestri. L’esempio più emblematico riguarda la diffusione in un allevamento di visoni in Spagna nel 2022.13
Negli umani, fortunatamente ci sono state singole infezioni senza che vi fosse una propagazione e mantenimento del contagio.
Lo scorso anno un ceppo di H5N1 ha assunto mutazioni che ne hanno permesso la diffusione tra i mammiferi marini. Nella colonia di foche in Argentina sono morti più 17.400 cuccioli, il 96% del totale. Considerate che solitamente si attestava a solo lo 0.8%.1415 Non a caso i ricercatori hanno potuto titolare nell’articolo scientifico che si trattasse di una “mortalità catastrofica”.14
Ovviamente i mammiferi marini sono biologicamente molto simili a noi e quindi questo tipo di adattamento è particolarmente pericoloso dato che aumenta radicalmente le possibilità con le quali il virus può arrivare a noi umani.
I ricercatori riportano un caso in cui in Perù raccoglievano campioni di leoni marini deceduti mentre vicino c’erano famiglie che si godevano una giornata di mare. La presenza di carcasse aumenta anche il rischio di contagio tra i cani o altri animali che se ne potrebbero nutrire.1516
Questo scenario fa capire perché la situazione negli USA sia particolarmente delicata. La diffusione tra le mucche di H5N1 rende il salto di specie un evento molto probabile. Fortunatamente, le infezioni degli allevatori rimangono circoscritte per ora, non essendoci un mantenimento della diffusione del virus.
Ma se l’infezione tra i bovini continua l’adattamento del virus può far sì che venga facilitata una diffusione gli umani. Ma non solo, un allevatore infetto con H5N1 potrebbe anche essere infetto con uno dei comuni virus influenzali ed in quel caso può avvenire un rimescolamento genetico.
Un ulteriore problema con le vacche è che anche il latte può essere un vettore del contagio. Infatti l’H5N1 può essere presente nel latte non pastorizzato e alle normali temperature del frigorifero (4°C) può sopravvivere diverse settimane. Recentemente si è osservato che proprio il latte non pastorizzato contenente H5N1, può infettare i gatti.17
C’è poi la preoccupazione che il virus possa diffondersi tra i maiali. Questa preoccupazione è dovuta a due diversi fatti: la tendenza ad essere asintomatici quando infettati da virus influenzali, aumentando il rischio di rilevare un’eventuale epidemia troppo tardi; la suscettibilità anche ai virus influenzali umani, che aumenta la possibilità di ricombinazione genetica tra diversi sottotipi.15
Cosa possiamo aspettarci da una potenziale pandemia?
La contagiosità del virus dell’influenza è mediamente inferiore a quella del SARS-CoV-2, soprattutto a partire dalle varianti che si sono viste a partire dall’inizio del 2021. Questo si è anche osservato dal fatto che le misure messe in campo per arginare la diffusione del Covid hanno avuto un effetto molto rilevante nella diffusione di questo virus. La speranza poi è che un nuovo ceppo, che ha fatto da poco il salto di specie, abbia una contagiosità più bassa della normale influenza; ma si tratta di una speranza su cui ha poco senso contare.
Il lato che preoccupa di più è quello della letalità. Sappiamo che da quando il virus è emerso più di 900 persone sono state infettate e nella metà dei casi sono state fatali. Però molte persone asintomatiche potrebbero non essere state testate e questo abbasserebbe di molto la letalità dell’infezione.
Una letalità così elevata potrebbe spingere le autorità e le comunità a intervenire rapidamente per bloccare la diffusione del contagio nei luoghi in cui la malattia inizia a diffondersi. Questo è particolarmente importante poiché l’influenza aviaria generalmente presenta un alto tasso di mortalità in tutte le fasce d’età, colpendo in modo grave soprattutto i bambini oltre che gli anziani.
Non è chiaro quanto il nostro sistema immunitario possa riconoscere questo sottotipo. Come descritto sopra il virus ha due proteine principali, che in questo caso sono le varianti H5 ed N1. Verso N1 abbiamo una certa immunità essendo presente in uno dei virus dell’influenza stagionale (H1N1, quella suina). Anche se la proteina più importante per quanto riguarda la risposta immunitaria ai virus dell’influenza è H e per H5 non abbiamo difese. Anche se forse chi è nato prima del 1968 potrebbe averle parzialmente, ma non è certo.18
Quanto siamo preparati?
Sul fronte della prevenzione, siamo più preparati rispetto al passato: esistono già farmaci antivirali (la cui efficacia non è però certa19) e riserve di vaccini pronti.18 Alcuni paesi, come la Finlandia, hanno iniziato a offrire il vaccino agli allevatori e ad altre categorie a rischio.1820
Attualmente l’incertezza maggiore è sulla scalabilità dei vaccini, ma la tecnologia ad mRNA potrebbe permettere essere d’aiuto su tale aspetto. Aziende farmaceutiche come Moderna, GlaxoSmithKline e CureVac sono già al lavoro nello sviluppo di un vaccino ad mRNA. Ed esistono già aziende che producono ogni anno milioni di vaccini antinfluenzali.
A monte si sta lavorando anche alla possibilità dello sviluppo di un vaccino in formato di pasticca o di cerotto, in modo da poter vaccinare in massa pollame e bestiame ed evitare in questo modo possibili spillover.18
Qui si pone un problema di conflitti economici dovuti alla restrizioni che alcuni paesi pongono nell’importazione di animali e carne che è stata sottoposta a vaccinazioni.19 Ma il tema dei conflitti economici è però più ampio, partendo da una bassa collaborazione degli allevatori e la mancata segnalazione dei casi2122 fino ad una risposta governativa più leggera del necessario per evitare di andare contro gli interessi di questa categoria232425, dinamiche che si stanno ad esempio vedendo negli USA.
Per chi lavora in settori ad alto rischio, come gli allevamenti, ci sono una serie di misure e precauzioni che vengono messe in atto e che si spera vengano ulteriormente rafforzate nel caso di ulteriore rischio di infezione.
Per le persone comuni le norme e le raccomandazioni cambiano a seconda dello scenario, attualmente le cose più importanti da fare è ricordare le norme igieniche di base. Oltre al fatto di prestare attenzioni al contatto con volatili in contesti a rischio, ad esempio le oche lungo il fiume, e evitare il più possibile il contatto con uccelli malati o morti. Per i cacciatori inoltre vi sono raccomandazioni specifiche.26
Per il discorso detto prima è consigliato bere solo latte pastorizzato, ma per una questione sanitaria è una cosa che andrebbe fatta di base.
Per cani e gatti può essere importante evitare che vadano a contatto con animali morti. Secondariamente in situazioni di rischio c’è di evitare di dargli da mangiare carne cruda.27
Ovviamente sulla gestione della carne cruda in cucina valgono le norme di buon senso e di igiene base: tenere la carne lontana dal cibo che consumate crudo, lavarsi le mani dopo averla toccata e lavare gli utensili che sono entrati in contatto senza che vengano in contatto con altro. Si consiglia di cuocere alle temperature raccomandate.
Queste raccomandazioni si applicano anche alle uova crude, che al momento del consumo dovrebbero essere almeno pastorizzate.282930
Qual è la sintomatologia tipica?
L’infezione da influenza aviaria A(H5N1) può causare sintomi come febbre o sensazione di febbre o brividi, arrossamento o irritazione degli occhi e sintomi respiratori, come tosse, mal di gola, naso chiuso o che cola, dolori muscolari o del corpo, mal di testa e stanchezza.31
Conclusione
Che si tratti della diffusione negli allevamenti, di epidemie nelle specie selvatiche, o di possibili rischi per gli esseri umani, l’importanza di essere informati non può essere sottovalutata.
La pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto profondo sulla società, non solo per le sue implicazioni sanitarie, ma anche per il trauma sociale collettivo che ha causato. Negli ultimi anni, è emersa una certa riluttanza a discutere di nuove potenziali pandemie. Tuttavia è cruciale affrontare questo tema in maniera seria e consapevole. La preparazione è uno degli strumenti principali per limitare i danni di una possibile futura emergenza sanitaria.
Qual è lo stato attuale del piano pandemico italiano? Sono state implementate azioni concrete per la produzione di farmaci e vaccini? Quali misure vengono adottate negli allevamenti per prevenire situazioni simili a quelle verificatesi negli Stati Uniti?
Non è possibile prevedere con precisione quando e quale sarà la prossima pandemia. L’esperienza del Covid-19 ha dimostrato quanto possa essere imprevedibile l’emergere di nuovi virus. Se l’influenza aviaria dovesse compiere il salto di specie, ci troveremmo di fronte a una sfida ancora più complessa: un virus meno contagioso, ma molto più letale, richiederebbe un approccio diverso rispetto a quello adottato per il Covid-19.
La ricerca scientifica, tuttavia, continua a progredire. Ogni anno vengono sviluppati nuovi strumenti per affrontare situazioni critiche, dalla possibilità di sviluppare vaccini in tempi rapidi, alla crescente conoscenza sui meccanismi di trasmissione e adattamento dei virus. Rimane fondamentale mantenere la vigilanza e la preparazione, poiché solo in questo modo sarà possibile affrontare con successo le sfide future.
FONTI
- https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMc2405371[↩]
- https://www.aphis.usda.gov/livestock-poultry-disease/avian/avian-influenza/hpai-detections/hpai-confirmed-cases-livestock[↩]
- https://www.cdc.gov/bird-flu/situation-summary/index.html[↩]
- https://journals.asm.org/doi/10.1128/jvi.02084-17[↩]
- https://www.nature.com/articles/nrmicro.2016.46[↩]
- https://www.cdc.gov/flu/about/viruses-types.html[↩][↩]
- https://www.archives.gov/exhibits/influenza-epidemic/[↩]
- https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1477893923000984[↩]
- https://www-sciencedirect-com.wikipedialibrary.idm.oclc.org/science/article/pii/S1477893923000984[↩]
- https://www.cdc.gov/bird-flu/about/index.html[↩][↩]
- https://www.theguardian.com/environment/article/2024/sep/04/forgotten-epidemic-with-over-280-million-birds-dead-how-is-the-avian-flu-outbreak-evolving[↩]
- https://www.cambridge.org/core/journals/oryx/article/impact-of-avian-influenza-2022-on-dalmatian-pelicans-was-the-worst-ever-wildlife-disaster-in-greece/36ED107844ED40C29B387EF75658D4B3[↩]
- https://www.eurosurveillance.org/content/10.2807/1560-7917.ES.2023.28.3.2300001[↩]
- https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/mms.13101[↩][↩]
- https://www.nytimes.com/2024/04/22/health/birdflu-marine-mammals.html[↩][↩][↩]
- https://www.nature.com/articles/s41467-023-41182-0[↩]
- https://www.nytimes.com/2024/05/24/health/raw-milk-bird-flu-virus-mice.html[↩]
- https://www.economist.com/science-and-technology/2024/07/17/h5n1-avian-flu-could-cause-a-human-pandemic[↩][↩][↩][↩]
- https://www.nytimes.com/2024/06/17/health/bird-flu-pandemic-humans.html[↩][↩]
- https://www.thelancet.com/journals/laninf/article/PIIS1473-3099(24)00460-2/fulltext[↩]
- https://www.reuters.com/business/healthcare-pharmaceuticals/us-undercounts-bird-flu-cattle-farmers-shun-testing-2024-08-15/[↩]
- https://www.politico.com/news/2024/06/17/avian-flu-spread-response-00163294[↩]
- https://www.politico.com/news/2024/05/06/bird-flu-dairy-farms-cdc-00156119[↩]
- https://www.nytimes.com/2024/08/21/health/bird-flu-cattle-pandemic.html[↩]
- https://www.nytimes.com/2024/04/19/health/bird-flu-usda-cattle.html[↩]
- https://www.cdc.gov/bird-flu/prevention/index.html[↩]
- https://www.nytimes.com/2024/06/17/health/bird-flu-cats-dogs-h5n1.html[↩]
- https://www.nhs.uk/conditions/bird-flu/[↩]
- https://www.fda.gov/food/egg-guidance-regulation-and-other-information/questions-and-answers-regarding-safety-eggs-during-highly-pathogenic-avian-influenza-outbreaks[↩]
- https://www.nytimes.com/2024/04/05/well/eat/bird-flu-dairy-milk-eggs.html[↩]
- https://www.cdc.gov/bird-flu/video-series/symptoms-h5n1.html[↩]